La disparità salariale: dalla direttiva europea alla cultura aziendale viva

Nel giugno 2026 l’Europa scriverà un capitolo importante nella storia della parità salariale e della parità di genere. Con l’entrata in vigore della Direttiva Europea 970/2023 sulla trasparenza retributiva, tutte le aziende saranno chiamate non solo ad adeguarsi a un nuovo quadro normativo, ma anche a ridefinire il proprio approccio alla Diversity & Inclusion.
Per i Responsabili delle Risorse Umane, la sfida è doppia: da un lato garantire la compliance normativa e sfruttare eventuali sgravi fiscali previsti per le imprese certificate; dall’altro cogliere questa occasione per rafforzare la cultura interna e trasformare gli obblighi in vantaggio competitivo.

La disparità salariale non è un tema nuovo, ma la Direttiva segna un cambio di passo: da questione spesso percepita come “etica” a obbligo giuridico strutturato, con verifiche, sanzioni e obblighi di comunicazione. I datori di lavoro saranno tenuti a garantire trasparenza nei criteri retributivi, fornire ai dipendenti il diritto di conoscere i salari medi per ruolo e genere, e avviare un processo di valutazione congiunta in caso di differenziale superiore al 5%.

L’Italia, in parte, gioca d’anticipo: la certificazione di genere UNI/PdR 125:2022, introdotta dal PNRR, ha già visto più di 8.000 aziende conseguire la certificazione entro il 2025, superando di dieci volte l’obiettivo iniziale. Oltre al vantaggio reputazionale, la certificazione consente di accedere a incentivi economici e sgravi contributivi, premiando le imprese che adottano politiche inclusive e trasparenti.

Ma non si tratta solo di spuntare una casella. Chi ha già raggiunto la certificazione si trova davanti a una nuova sfida: come mantenere vivo l’impegno, evitando che la parità di genere resti confinata a un documento o a un audit? La risposta sta in un approccio evoluto alla Diversity & Inclusion, capace di andare oltre la teoria e lavorare su comportamenti, percezioni e cultura organizzativa.

È qui che entrano in gioco metodologie come l’Unconventional Learning, che integrano strumenti esperienziali e pratici nella formazione. Tra questi, il Laboratorio con le Carte di Ofman si distingue per la capacità di far emergere stereotipi e bias impliciti nei team, trasformando le politiche di inclusione in esperienze vive e concrete.

Questo articolo intende offrire ai Responsabili HR un quadro completo: per chi non ha ancora avviato percorsi strutturati, una panoramica delle azioni necessarie per ottemperare alla Direttiva e ottenere la certificazione; per chi è già certificato, spunti per consolidare e rafforzare l’impegno con approcci innovativi e pratici che mantengano alta l’attenzione e il coinvolgimento.

La Direttiva Europea: obblighi, scadenze e opportunità

La Direttiva UE 970/2023 rappresenta un salto di qualità nella gestione della parità salariale in Europa. Gli obblighi principali includono trasparenza nei processi di assunzione, obbligo di comunicare i criteri di determinazione degli stipendi, diritto di informazione per i dipendenti e valutazioni congiunte in caso di gap superiore al 5%.

Per le aziende italiane, la scadenza di giugno 2026 non è un orizzonte lontano ma una data da integrare immediatamente nei piani HR e di compliance. L’adeguamento richiederà un’analisi approfondita delle strutture retributive, la revisione di policy interne, la formazione del management e la definizione di procedure di monitoraggio continuo.

Chi sceglie di anticipare questi obblighi può trasformare una sfida in opportunità: la certificazione di genere UNI/PdR 125:2022 resta uno strumento strategico, sia per dimostrare conformità sia per accedere agli incentivi previsti, inclusi sgravi fiscali e contributivi. Le aziende certificate, inoltre, migliorano la propria reputazione e attrattività verso talenti sempre più attenti ai temi di equità e trasparenza.

D&I: oltre la compliance verso la cultura

La compliance normativa è il primo passo, ma la vera sfida è far sì che la parità di genere e la Diversity & Inclusion diventino parte integrante della cultura aziendale. Troppe organizzazioni si fermano alla certificazione formale, senza affrontare il cambiamento culturale necessario a rendere l’inclusione un elemento quotidiano e condiviso.

La ISO 40315, standard internazionale che amplia il concetto di parità di genere includendo altre forme di diversità (culturale, generazionale, cognitiva, di orientamento e di abilità), invita le aziende a guardare oltre la compliance e a costruire ambienti inclusivi in senso ampio.

Per le aziende già certificate, questo significa sviluppare programmi di aggiornamento e sensibilizzazione che vadano oltre la formazione teorica. La consapevolezza di come stereotipi e bias influenzino le decisioni e le dinamiche di gruppo è un aspetto cruciale per mantenere vivi i principi di equità e inclusione.

Unconventional Learning: le Carte di Ofman come strumento pratico

Le aziende che hanno già consolidato le basi della parità di genere possono trarre vantaggio da approcci innovativi come l’Unconventional Learning. Il Laboratorio con le Carte di Ofman è un esempio concreto di come lavorare sugli stereotipi in modo diretto e coinvolgente.

Le Carte di Ofman consentono ai partecipanti di identificare punti di forza e trappole comportamentali, di riconoscere i propri bias e di comprendere come questi influenzino le interazioni professionali. Questo approccio, pratico e immediato, permette di affrontare i temi di Diversity & Inclusion in modo esperienziale, favorendo un cambiamento che va oltre le parole e si traduce in comportamenti.

Per gli HR, proporre workshop di questo tipo significa non solo mantenere viva l’attenzione sul tema, ma anche offrire ai team strumenti concreti per agire in modo più consapevole e inclusivo. Questo rafforza l’efficacia della certificazione di genere e consolida l’immagine dell’azienda come luogo di lavoro moderno e attento alle persone.

Conclusione: trasformare l’obbligo in vantaggio strategico

La scadenza di giugno 2026 per l’attuazione della Direttiva Europea sulla trasparenza salariale rappresenta per i Responsabili delle Risorse Umane un momento cruciale: non si tratta solo di ottemperare a un obbligo giuridico, ma di scegliere come posizionare l’azienda rispetto ai temi di parità salariale e parità di genere.

Per le aziende che devono ancora intraprendere questo percorso, la priorità è chiara: avviare subito una gap analysis retributiva, allinearsi alla PDR 125 e pianificare la certificazione di genere. In questo processo, il supporto consulenziale e formativo diventa essenziale per evitare errori, rispettare le scadenze e beneficiare degli sgravi fiscali disponibili.

Per le aziende già certificate, la sfida è diversa ma altrettanto importante: mantenere alta l’attenzione, evitare che la certificazione diventi un atto formale e continuare a coltivare la cultura inclusiva. Qui entrano in gioco approcci innovativi come l’Unconventional Learning e strumenti esperienziali come le Carte di Ofman, che permettono di affrontare gli stereotipi in modo diretto e trasformare l’inclusione in un’esperienza concreta e condivisa.

Il vantaggio per chi sceglie di agire non si limita alla riduzione del rischio sanzionatorio. Un’azienda che integra la Diversity & Inclusion come valore reale si presenta come un luogo di lavoro attrattivo per i talenti, migliora la retention, rafforza la reputazione sul mercato e si posiziona come player credibile nelle sfide ESG.

In definitiva, la Direttiva Europea può essere vissuta come un’imposizione o come un catalizzatore. Per chi sceglie la seconda via, il 2026 non sarà una scadenza da temere, ma una tappa strategica in un percorso di crescita culturale e competitiva. La parità salariale e la parità di genere non sono solo obiettivi etici, ma leve concrete per un futuro aziendale più equo, innovativo e sostenibile.

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