Nel cuore del dibattito sulla prevenzione nei luoghi di lavoro, l’Accordo Stato Regioni 2025 si staglia come una svolta per il sistema italiano della formazione in materia di salute e sicurezza. La sua adozione non è solo un evento formale: è il risultato di un lungo percorso di consultazione tra Governo, Regioni, Province autonome, parti sociali e tutte le componenti del tessuto produttivo nazionale. Ma che cosa implica davvero questo nuovo accordo? Come si traduce nelle prassi quotidiane di chi ha la responsabilità di gestire risorse umane, salute e sicurezza nelle imprese? E perché rappresenta un nodo cruciale per tutti coloro che operano nella prevenzione?
Negli ultimi anni, il mondo del lavoro si è trovato ad affrontare cambiamenti senza precedenti: digitalizzazione, nuove modalità organizzative, emergenze sanitarie, ridefinizione dei rischi fisici e psicosociali. Tutto ciò ha reso evidente la necessità di un sistema formativo più coerente, integrato e controllato, capace di garantire non solo l’adempimento formale degli obblighi, ma anche un reale innalzamento dei livelli di tutela per lavoratori e aziende.
Ecco perché l’Accordo Stato Regioni 2025 non è soltanto un aggiornamento tecnico, ma una vera e propria riorganizzazione dei percorsi formativi, dei soggetti abilitati all’erogazione dei corsi, delle modalità di verifica e monitoraggio, delle responsabilità e dei ruoli coinvolti. La sua portata riguarda direttamente tutti i Responsabili delle Risorse Umane e gli EHS manager, chiamati non solo a garantire la conformità normativa, ma a promuovere una cultura della sicurezza che sia parte integrante della strategia aziendale.
Cosa cambia quindi dal 2025?
In primo luogo, viene ridefinita l’architettura dei percorsi formativi obbligatori previsti dal D.Lgs. 81/2008, con una razionalizzazione dei contenuti minimi, delle durate e delle modalità di erogazione per ciascuna figura aziendale: lavoratori, preposti, dirigenti, datori di lavoro, responsabili e addetti ai servizi di prevenzione e protezione, coordinatori per la progettazione e l’esecuzione dei lavori, operatori di attrezzature e personale impiegato in ambienti confinati o sospetti di inquinamento.
Un elemento chiave riguarda la qualificazione dei soggetti formatori, con una distinzione netta tra enti istituzionali, enti accreditati e altri soggetti (come organismi paritetici e fondi interprofessionali) e l’introduzione di criteri stringenti per la documentazione delle competenze e delle esperienze maturate nel settore. Questo comporta per le aziende la necessità di affidarsi a partner solidi, dotati dei requisiti prescritti, per non incorrere in sanzioni e, soprattutto, per garantire percorsi di qualità realmente efficaci.
Non meno rilevante è la definizione rigorosa delle modalità di erogazione della formazione, che abbraccia la presenza, la videoconferenza sincrona, l’e-learning e la modalità mista, ma introduce specifici requisiti organizzativi, tecnici e di competenza professionale per ciascuna opzione. Particolare attenzione viene posta alla gestione delle classi, alla conservazione della documentazione, alla tracciabilità degli apprendimenti, alle regole di ammissione alla verifica finale, alla validità degli attestati su tutto il territorio nazionale.
Inoltre, per la prima volta si stabiliscono criteri omogenei per il monitoraggio delle attività formative, il controllo sulla qualità e l’efficacia della formazione, la valutazione in itinere e finale delle competenze, fino all’implementazione di sistemi di riesame e miglioramento continuo. Le Regioni e le Province autonome mantengono la possibilità di adottare misure più favorevoli, ma non possono ridurre il livello di tutela esistente: l’accordo si configura quindi come uno standard minimo nazionale, a garanzia della salute e sicurezza di tutti i lavoratori, indipendentemente dal luogo di lavoro.
Chi sono i nuovi soggetti formatori e quali sono i requisiti?
Una delle innovazioni più significative introdotte dall’Accordo Stato Regioni 2025 riguarda la qualificazione e l’identificazione dei soggetti formatori autorizzati a erogare i corsi in materia di salute e sicurezza. L’accordo distingue chiaramente tra enti istituzionali (come ministeri, Regioni, Province autonome, INAIL, università, enti pubblici e organizzazioni di volontariato), enti accreditati secondo i modelli regionali, e altri soggetti, come organismi paritetici, fondi interprofessionali e associazioni sindacali rappresentative.
Per ciascuna di queste categorie vengono introdotti requisiti specifici, tra cui l’esperienza documentata di almeno tre anni nella formazione su salute e sicurezza per i soggetti accreditati. Questo segna una discontinuità rispetto al passato e introduce un ulteriore livello di controllo per evitare fenomeni di “formazione di facciata”. Solo chi dimostra effettive competenze e risultati può essere considerato partner affidabile per le aziende.
La responsabilità di monitorare la qualità e la conformità dei corsi si estende anche agli organismi che rilasciano gli attestati: ogni documento deve contenere dati identificativi precisi, riferimenti normativi, modalità di erogazione e firme digitali. L’obiettivo dichiarato è creare un sistema trasparente, tracciabile e nazionale, nel quale il riconoscimento delle competenze sia omogeneo e valido su tutto il territorio italiano.
Modalità di erogazione e vincoli
L’accordo riconosce e regolamenta la pluralità delle modalità di erogazione della formazione: presenza fisica, videoconferenza sincrona, e-learning, modalità mista. Tuttavia, ogni opzione è soggetta a precisi requisiti tecnici, organizzativi e professionali, a garanzia della qualità del percorso e della partecipazione attiva dei discenti.
Per i corsi in presenza, il limite massimo è fissato a 30 partecipanti, con un rapporto docente/discente di 1 a 6 per le attività pratiche. I corsi in videoconferenza sincrona richiedono piattaforme certificate, tracciabilità delle presenze e garanzia di interazione continua. I corsi in e-learning devono rispettare standard di sicurezza, accessibilità, archiviazione dei dati e tutela della privacy, oltre a una puntuale documentazione di tutte le fasi del processo formativo.
La nuova disciplina si applica a tutte le tipologie di corsi, compresi quelli per l’abilitazione all’uso di attrezzature particolari e per il lavoro in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Viene ribadita la validità degli attestati su tutto il territorio nazionale e la possibilità di riconoscimento di crediti formativi pregressi, se acquisiti nel rispetto delle precedenti disposizioni.
Come cambiano i percorsi di formazione e aggiornamento?
L’Accordo 2025 ripensa in modo strutturale i percorsi formativi obbligatori per tutte le figure coinvolte nella sicurezza aziendale. Ogni corso è ora articolato in moduli generali e specifici, con durate minime e contenuti obbligatori, e la possibilità per le aziende di ampliare ulteriormente tali contenuti sulla base dei fabbisogni specifici rilevati dall’analisi del rischio.
Scarica qui il Sinottico delle durate e delle modalità formative.
Conclusione
L’Accordo Stato Regioni 2025 segna un cambio di paradigma per tutto il sistema della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Non si tratta soltanto di un aggiornamento normativo, ma di una revisione complessiva del modo in cui la formazione viene progettata, gestita, monitorata e valutata. Un cambio che va letto in filigrana, cogliendone la portata trasversale e il potenziale impatto su organizzazioni, lavoratori, professionisti della prevenzione e, non da ultimo, sulla società nel suo complesso.
Il ruolo dei Responsabili delle Risorse Umane e degli EHS manager, dunque, si evolve: non più meri garanti della compliance, ma veri e propri orchestratori di sistemi complessi, capaci di integrare formazione, prevenzione, gestione del rischio e sviluppo organizzativo. Essi sono chiamati a interpretare il nuovo quadro normativo come occasione per rinnovare pratiche, processi e linguaggi, promuovendo la partecipazione attiva di tutti gli attori interni ed esterni all’azienda.
Guardando oltre il presente, l’Accordo Stato Regioni 2025 pone le premesse per una formazione sempre più integrata con i cambiamenti tecnologici, organizzativi e culturali. Le aperture alle nuove modalità digitali, la sperimentazione di soluzioni flessibili in alcune realtà territoriali, il rafforzamento dei sistemi di monitoraggio e valutazione, aprono scenari nei quali la formazione diventa non solo risposta, ma anticipazione delle sfide future.
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