Immaginate se, al posto di una sala riunioni, ci si trovasse in una cucina professionale. I colleghi, grembiuli al collo e mani sporche di farina, collaborano per preparare un piatto gourmet. Nessuno parla di budget o scadenze. Eppure, qualcosa di profondo sta accadendo: stanno imparando a coordinarsi, a fidarsi, a gestire imprevisti. Questa non è una pausa dal lavoro, è lavoro trasformato in esperienza. Benvenuti nel mondo dell’Unconventional Learning.
I Responsabili delle Risorse Umane lo sanno: i corsi frontali, le slide e i test a scelta multipla non bastano più. Le nuove generazioni, ma anche molti professionisti esperti, cercano significato, coinvolgimento, emozione. Vogliono sentire che ciò che imparano ha un impatto, non solo sulle performance, ma anche sulla loro identità. L’Unconventional Learning risponde a questo bisogno con proposte che uniscono corpo, mente e relazioni in un’esperienza formativa autentica.
Un laboratorio di Cooking Lab non è solo una sfida culinaria: è un ecosistema in miniatura dove il team deve organizzarsi, gestire il tempo, affrontare il caos con lucidità. In questa cornice, le soft skill non si insegnano, si mettono in pratica, si respirano. Ogni errore è un’occasione per riflettere, ridere, crescere.
Poi ci sono i Laboratori LEGO e il Lego Serious Play. Nessuno è troppo grande per giocare, soprattutto quando giocare significa dare forma concreta a idee astratte, esplorare valori, raccontare visioni. Le mani modellano mattoncini, ma anche pensieri. In cerchio, intorno a un tavolo, si ascoltano storie e si costruisce una nuova grammatica relazionale.
Il Role Play con Device IoT spinge ancora oltre. Qui si entra in un’esperienza immersiva, dove neuroscienze, tecnologia e narrazione si intrecciano per simulare situazioni ad alta intensità emotiva: gestire un cliente furioso, coordinare un team in emergenza, affrontare un imprevisto critico. Il battito accelera, la mente si attiva, e quando si torna al reale, si è più pronti.
Ma l’Unconventional Learning non vive solo tra le pareti. Esce all’aperto, si sporca le mani, si lascia sorprendere. Nei Laboratori di Riciclo Creativo, si parte da oggetti di scarto per dare vita a opere d’arte collettive. È formazione, ma anche CSR Experience: ogni scultura racconta valori condivisi, ogni gesto diventa testimonianza di cura per l’ambiente e per la comunità.
La Barca a Vela è una metafora potente: per navigare servono ruoli chiari, ascolto, coraggio. Il mare non accetta gerarchie artificiali, ma riconosce la competenza, la sinergia, la fiducia. Anche l’Orienteering Aziendale costringe a ragionare fuori traccia: niente comfort zone, solo mappe, obiettivi e decisioni da prendere insieme. In queste sfide, si rivelano dinamiche nascoste, emergono talenti, si creano legami duraturi.
E ancora, la Costruzione di una Macchina di Rube Goldberg e il Tinkering: percorsi di apprendimento dove l’errore è previsto, valorizzato, accolto. Dove le mani inventano, smontano, riprovano. Dove la creatività diventa disciplina, e il pensiero divergente si fa metodo.
Infine, la Singfulness: una pratica che potrebbe sembrare esotica, ma che risponde a un bisogno profondamente umano. Cantare insieme libera energia, allenta tensioni, crea connessioni invisibili ma fortissime. In un tempo in cui tutto è accelerazione, regalarsi un momento di risonanza collettiva può fare la differenza tra un gruppo e una squadra.
Perché puntare sull’Unconventional Learning?
Perché le persone non sono contenitori da riempire, ma storie da accendere. Perché l’apprendimento vero non è mai neutro: trasforma chi siamo, come lavoriamo, come viviamo. Perché ogni euro investito in esperienze significative torna indietro moltiplicato in fiducia, motivazione, innovazione.
Il valore dell’Unconventional Learning non è solo nei contenuti, ma nel metodo. Non si impara da un PowerPoint, si impara dall’imprevisto, dal contatto, dalla partecipazione. E chi ha vissuto un’esperienza del genere non la dimentica: la porta con sé, la racconta, la diffonde.
Chi guida le risorse umane oggi non ha più solo il compito di selezionare e gestire. Ha il dovere di ispirare, accendere scintille, creare le condizioni per cui le persone possano crescere. E per farlo servono strumenti nuovi, più umani, più veri. L’Unconventional Learning, con la sua varietà e profondità, è una risposta concreta a questa esigenza.
Non si tratta di sostituire la formazione classica, ma di ampliarla. Di introdurre nuove vie, più esperienziali, più sensoriali. Di ricordare che l’apprendimento non è solo un atto cognitivo, ma anche emotivo, corporeo, simbolico. E che proprio lì, nell’esperienza viva, si sedimentano i cambiamenti più profondi.
L’impatto sulla cultura aziendale
La cultura aziendale non si dichiara, si costruisce. E si costruisce attraverso rituali, simboli, memorie condivise. Un laboratorio LEGO può diventare la radice di una nuova visione strategica. Una scultura creata in gruppo può raccontare i valori meglio di qualsiasi manifesto. Una giornata in barca può insegnare più sulla leadership di cento ore in aula.
L’Unconventional Learning agisce come catalizzatore di cambiamento: scioglie le rigidità, promuove l’ascolto, stimola l’empatia. Innesca processi che continuano ben oltre l’esperienza, trasformando la formazione in un dispositivo di rigenerazione culturale.
In un tempo in cui il turnover aumenta, le relazioni si fanno più fragili e le identità professionali più mobili, costruire una cultura aziendale solida è una sfida strategica. Le esperienze unconventional aiutano proprio in questo: creano appartenenza, radici, visione comune. Danno voce e forma ai valori che altrimenti resterebbero sulla carta.
Conclusione
Un giorno, un responsabile HR ha detto: “Avevo un team demotivato, chiuso, incapace di collaborare. Dopo un’esperienza di Cooking Lab, qualcosa si è sbloccato. Hanno iniziato a parlarsi davvero. Non so cosa sia successo esattamente, ma so che non è più tornato tutto come prima”.
Ecco, è questo il cuore dell’Unconventional Learning: creare fratture nel quotidiano che permettano alla novità di entrare. Dare al lavoro un’altra faccia. Aprire spazi dove il sapere non si trasmette, ma si co-costruisce. Dove si può sbagliare, ridere, mettersi in gioco. Dove si impara non solo a fare, ma a essere.
Le aziende che scelgono questa strada non lo fanno per moda. Lo fanno perché hanno capito che il futuro non si affronta con slide e procedure, ma con persone capaci di pensare, sentire, decidere. Con team che sanno ascoltare, reagire, reinventarsi.
E chi guida le Risorse Umane oggi ha l’occasione – e la responsabilità – di diventare regista di queste esperienze. Di scrivere storie che restino. Di costruire non solo competenze, ma comunità.
L’Unconventional Learning è molto più di una metodologia. È un atto di fiducia nella forza trasformativa delle persone. È un invito a uscire dai binari e ad abbracciare l’imprevisto. È, forse, il modo più potente per rispondere alla domanda che ogni HR si sente rivolgere almeno una volta: “Perché dovrei restare qui?”
Perché qui, si cresce davvero. E quella crescita, condivisa e vissuta insieme, è ciò che tiene unita un’azienda quando tutto intorno cambia. Non un benefit, ma un rito. Non una parentesi, ma un seme.
Unconventional Learning è futuro in atto. Sta a noi, oggi, decidere se vogliamo ancora formare persone…o trasformarle.
Ah, tra l’altro: è anche finanziabile: chiedici come.